Ovazione all’Olimpico per il mister del secondo scudetto laziale. “Grazie mille per tutto. Non ho mai avuto una squadra così forte”
ROMA – Le vittorie della Lazio non sono mai banali. I due campionati vinti nella ultracentenaria storia della squadra biancoceleste non sono racconti di calcio ma romanzi.
Il 12 maggio scorso si è celebrato in cinquantennale dello scudetto della “Banda Maestrelli”, la leggendaria squadra di Chinaglia, Wilson, Re Cecconi, D’Amico, la cosiddetta “Meravigliosa” che ha ispirato racconti calcistici e non come “Pistole e Palloni”.
Il secondo titolo della Lazio è stato vinto da una squadra formidabile, piena zeppa di campioni (i ragazzi del 1974, invece, solo due anni prima del titolo disputavano il campionato di serie B), guidata da un gentleman della panchina: Sven Goran Eriksson. Un trionfo che, per come è maturato, in un Paese come l’Inghilterra avrebbe ispirato un film stile “Febbre a ‘90”.
Sven-Göran Eriksson è nato a Sunne ed è cresciuto a Torsby, nella contea di Varmland. Dopo aver giocato, allenato e vinto in giro per l’Europa, il 3 giugno 1997 da Genova, dove allenava la Sampdoria, approda a Roma per allenare la Lazio, portandosi dietro il pupillo Roberto Mancini. L’obiettivo del presidente laziale Sergio Cragnotti è quello di costruire una squadra che possa competere ai massimi livelli.
Eriksson era l’uomo giusto. In tre anni e mezzo lo svedese vince 2 Coppa Italia, 2 Supercoppa Italiana, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e, ciliegina sulla torta, uno scudetto. Con una continuità di risultati impressionante.
Sven-Göran Eriksson è rimasto nel cuore della gente laziale tanto che ieri, nella giornata conclusiva della grigia stagione 2023/24, la società e i tifosi biancocelesti hanno deciso di omaggiarlo. 55.000 tifosi sugli spalti dell’Olimpico per una partita che aveva poco da dire dal punto di vista sportivo e agonistico. Le attenzioni erano tutte per lui. Giro di campo, abbraccio con la folla, ovazioni (con il coro che da oltre vent’anni si ascolta all’Olimpico: Sven Goran Eriksson la la la lallà).
Lo svedese ha ringraziato il pubblico e la società laziale: “Grazie mille per tutto. Mi ricordo gli anni bellissimi vissuti insieme. Non ho mai avuto una squadra così forte, non ho mai vinto così tanti titoli in così poco tempo. Grazie, grazie, grazie!”.
Dagli spalti una imponente coreografia: in Curva Nord cartoncini che evidenziavano la scritta “SVEN”, in Tribuna Tevere e Curva Sud striscioni con scritto “Sven Goran Eriksson, aquila controvento”, oppure “Il popolo laziale ti ama e lotta al tuo fianco”.
Il popolo laziale è sempre stato al fianco del Mister del secondo scudetto, ancor più dopo le sue dichiarazioni di alcuni mesi fa: “Ero completamente sano, poi sono crollato, sono svenuto e sono finito in ospedale. Dopo un consulto medico ho scoperto di avere avuto in ictus e che avevo già un tumore. Non so da quanto tempo, forse un mese, forse un anno. Si è scoperto che avevo il cancro ma il giorno prima avevo corso cinque chilometri. È venuto dal nulla, e questo ti sciocca. Non sento grandi dolori. Ma mi è stata diagnosticata una malattia che puoi rallentare ma che non puoi operare. Quindi è quello che è. Ho un cancro terminale, posso rallentarlo ma non operarlo. Mi resta da vivere un anno”.
L’abbraccio tra Eriksson e la Lazio è stato commovente e ha reso speciale e indimenticabile, per i tifosi biancocelesti, una scialba serata in cui gli uomini di Tudor hanno offerto una mediocre prestazione contro il già retrocesso Sassuolo.
Una Lazio, quella di oggi, lontana parente di quella allenata dallo svedese. Una squadra citata come il più grande rimpianto da Sir Alex Ferguson:” Non ho battuto la Lazio, era la squadra più forte al Mondo“. Il tecnico inglese lo disse nella Sala stampa dell’Old Trafford gremita fino all’inverosimile nel giorno dei festeggiamenti dei 25 anni sulla panchina del Manchester United.
Quel giorno, alla precisa domanda di un giornalista che gli chiese se, dei cinque lustri passati a Manchester, conservava qualche rimpianto, Ferguson rispose. “Sì ne ho, sono tre in particolare. Nel 1998 avevamo dieci punti di vantaggio sull’Arsenal, a non molto dalla fine, siamo riusciti a perdere il campionato. Fu qualcosa d’incredibile. Nel 1999 abbiamo perso la Supercoppa Europea contro la Lazio che in quel momento era la migliore squadra al mondo ed è forse questo il ricordo più amaro. Poi non aver allenato giocatori come Di Canio e Gascoigne. Di Canio, giocando per il Manchester United avrebbe potuto vincere il pallone d’oro. Altri grandi crucci non ne ricordo”.