Buona la prima per i campioni d’Europa in carica. 2-1 all’Albania. Squadra giovane, che ha cambiato tanto, allenatore in primis, con Spalletti scelto con progetto triennale per riportare il Tricolore dove Ventura e Mancini fallirono, Mondiali 2026. Ma prima c’è Germania 2024, tutta da vivere, a testa altissima. E la prima è sempre per tradizione insidiosa, soprattutto per la gara sulla carta più abbordabile del girone, ma contro un clima incandescente, ostile, bolgia vera quella albanese. E ciò che si temeva diventa clamorosamente crudissima realtà dopo mezzo minuto: gravosa e scellerata rimessa laterale di Dimarco, ne approfitta Bajrami, bolide sotto la traversa e popolo albanese in totale delirio. Una bolgia che sogna ad occhi aperti. Ma l’Italia ha il merito di non disunirsi. S’è campioni d’Europa per qualche motivo. E così, da squadra tecnicamente più forte e amministrante, ha il merito di non scomporsi. Con le trame, sempre evolute e geniali, e palleggio spallettiano. Sapiente. Come la meticolosa preparazione degli sviluppi della palle inattive: ecco perché prima pareggia Bastoni, poi raddoppia siluro Barella, doppietta tutta interista. Entro la metà della prima frazione la partita è già rovesciata. E la squadra mostra spunti e idee innovative, come insegnate e preparate dalla voce di Certaldo alla vigilia. In fase di possesso Di Lorenzo stringe, Dimarco si alza e quando lo fa Pellegrini entra a tessere, Barella e Chiesa diventano iconografie del concetto: Federico apparentemente larghissimo, ma quando Barella prende fascia l’altro stringe, taglia e diventa mezza punta. Frattesi sempre incursore, Scamacca boa. L’ambizione e missione azzurra diventa allora quella di approfittar dell’inerzia e freddare la pratica già nel primo tempo: ma Frattesi bacia soltanto il palo, Scamacca si muove alla grande ma spara su Strakosha. L’Albania ha giocatori europei: Djimsiti, Asllani, Bajrami ed un centravantone da Premier come Broja. Ecco perché regge. Arriva nella ripresa, l’Italia palleggia, Calafiori realtà assoluta dal basso, ma gli azzurri trovano ben pochi parchi: l’Albania difende il paradosso della sconfitta, quella minima, sperando nel finale in tempi migliori. Il cosiddetto paradosso di Gianni Brera, come narrerebbe un eterno signor giornalista Nicola Roggero. Col passare di un secondo tempo va detto tutt’altro che spettacolare, all’Italia iniziano a calare energie, eccome. Non c’è più lo stesso tipo di pressing. Spalletti, scontento, se ne accorge. E allora sceglie cambi che forse tirano qualche remo in barca più del dovuto. Cambi difensivi, decisamente: escono Pellegrini e Chiesa, dentro Cristante e Cambiaso. Maggior equilibrio, senz’altro. L’Italia sta crescendo ma è ancora tutta dentro a quel processo, proprio quello di crescita. Azzurri stanchi. L’Albania punta a conquistare corner o palla inattive per riaccendere l’entusiasmo di un popolo che ha letteralmente invaso Dortmund. Per gli azzurri l’unica missione è quella di evitare rischi, evitare la beffa. L’unico possibile fantasma dietro l’angolo. E nel finale l’incubo sembra materializzarsi, ma Donnarumma diventa super su Manaj. Questo il salto di qualità richiesto a Gigio, oggigiorno capitano. Ed i capitani, se portieri veri, compiono interventi decisivi nei momenti decisivi. L’Italia tira un sospirone di sollievo e stremata la porta in porto: ottiene ciò che più contava, evita sgambetti, esce dalla Bolgia albanese ed incanala sin da subito il girone sui binari giusti. Mercoledì prossimo la sfida alla Spagna, concomitante capolista.