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    Cronaca
    11 Luglio 2024
    Civitavecchia – Assalto alla Cgil: annullata la condanna per devastazione a Mirko Passerini, ora appello-bis

    Per la Suprema Corte il reato c’è solo se viene turbata la pace sociale e il senso di sicurezza collettivo

    CIVITAVECCHIA – Il reato di devastazione c’è solo se l’azione mette a rischio il senso di sicurezza della collettività. Partendo da questo principio la Cassazione (sentenza 27113) annulla, con rinvio, le condanne per il reato di devastazione a carico dei sei imputati – per l’assalto alla Cgil del 9 ottobre 2021 – che hanno scelto il rito abbreviato. Tra questi il civitavecchiese Mirko Passerini difeso dall’avvocato Lorenzo Mereu.

    La Suprema Corte ha recentemente confermato la responsabilità per resistenza a pubblico ufficiale, ma ha richiesto un **appello bis** riguardo alla condanna per devastazione. Questo riguarda l’irruzione e la devastazione della sede del sindacato, avvenuta durante un corteo contro il green pass che era partito da Piazza del Popolo, dove si stava svolgendo una manifestazione.

    Secondo i giudici d’appello, l’intervento di Giuliano Castellino, leader romano del movimento di estrema destra Forza Nuova, dal palco di Piazza del Popolo fu “una sorta di chiamata alle armi”. La finalità, come indicato, non era quella di manifestare liberamente un legittimo dissenso, ma piuttosto quella di costringere una forza sindacale di rilievo nazionale a cambiare la propria politica. Ciò includeva far venire a Roma, di pomeriggio, di sabato, il segretario generale del sindacato e fargli proclamare lo sciopero generale.

    Gli ermellini hanno richiesto un nuovo esame riguardo al reato di devastazione (articolo 419 del Codice penale), precisando che tale reato non può essere affermato solo in base ai danneggiamenti. La sentenza della Corte afferma che “i saccheggi plurimi trasmodano in devastazione se la loro estensione e profondità raggiungono un adeguato livello di compromissione, avendo indotto nella popolazione allarme, sensazione di pericolo, sentimento di insicurezza”. La Cassazione ha quindi sottolineato la necessità di chiarire se l’assalto vandalico alla sede della CGIL avesse effettivamente prodotto tali effetti, non solo per il luogo violato ma anche per il timore di ulteriori incidenti nella collettività.

    La Suprema Corte ammette che l’obiettivo preso di mira poteva avere un ruolo significativo nella condanna decisa in Corte d’Appello e potrà influenzare il nuovo giudizio. “Il fatto che nell’accaduto sia stata direttamente coinvolta, con amplificazione mediatica, ampiamente prevedibile, la sede del più importante sindacato italiano non è certo neutro né indifferente ai fini del giudizio in discorso”, scrivono i giudici. Tuttavia, questo elemento deve essere utilizzato per valutare “nel contesto dato la capacità delle condotte di aggressione di turbare la pace sociale e il senso di sicurezza collettivo”.

    Nella stessa giornata, la Cassazione (sentenza 27113) ha confermato le condanne per resistenza a pubblico ufficiale e devastazione a carico di alcuni detenuti nel carcere di Foggia, a seguito della rivolta carceraria scatenata dalle regole restrittive imposte per i colloqui durante la pandemia. In questo caso, la Suprema Corte ha stabilito che “il danneggiamento complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili integra devastazione”. Questo perché determina un pregiudizio non solo al patrimonio di uno o più soggetti, ma mette in pericolo l’ordine pubblico inteso come un diritto alla tranquillità e alla sicurezza collettive, senza la necessità di verificare quanto la società si sia sentita minacciata dalla rivolta.

    Le recenti decisioni della Suprema Corte sottolineano l’importanza di valutare l’impatto delle azioni vandaliche non solo sui beni danneggiati ma anche sulla percezione di sicurezza e ordine pubblico nella collettività. Mentre si attende un nuovo giudizio sul caso della devastazione della sede della CGIL, la conferma delle condanne per la rivolta carceraria di Foggia evidenzia la severità con cui la giustizia italiana affronta atti di devastazione che minacciano la pace sociale.