Anche la Roma, o forse sarebbe meglio esordire con soprattutto la Roma, saluta una delle ali più fascinose e intriganti prodotte dal calcio argentino negli ultimi quindici anni. Già perché stavolta ad appendere gli scarpini al chiodo non è propriamente uno qualunque, soprattutto nella tradizione e nel folklore giallorosso, bensì Monito Perotti: cinque stagioni in giallorosso, suggellate non troppo da numeri e statistiche che riportano 16 gol e 26 assist in “sole” 138 presenze che sarebbero potute esser molte di più se non fossero state falcidiate di infortuni. Dribbling, personalità, quei rigori prendendo rincorsa senza mai veder la sfera, solo il portiere: pertanto esattamente folkloristico. Arrivato in piena era Spalletti 2.0, falso nueve all’occorrenza al fine di recuperare il miglior Edin Dzeko, è stato uno degli elementi più iconografici del biennio Di Francesco coi successi in Champions fino alla pallottiana transizione Fonseca: nel finale assunse pure le redini di capitano. Capitani come quelli che ha vissuto e da chi ha avuto l’onore di ereditarne romanismo e valori: dall’addio di De Rossi a quello prima, il più importante, quel 28 maggio 2017, in cui in occasione del canto del cigno di Francesco Totti decise Roma-Genoa 3-2 consegnando secondo posto e Champions diretta ai suoi compagni di squadra. “Che bel viaggio, quanto poco è durato… Ciao calcio, mi mancherai”. S’è così congedato Monito, dal calcio e dal mondo argentino, lui, che nel contesto dei club ebbe le migliori annate che gli consentirono di guadagnare l’Albiceleste, dopo le floride annate a Siviglia. Breve, rapido, estemporaneo. Anni di transizione per giungere all’inequivocabile epilogo, il ritiro. A 36 anni, senza offerte nemmeno in patria, ha maturato la decisione definitiva.
Sport
13 Settembre 2024
AS Roma, si ritira un’affettuosa vecchia conoscenza: Perotti scarpini al chiodo