Piove sul bagnato in casa Milan. Soprattutto in casa Fonseca. Sette coppe dei campioni, istituzione d’Europa, San Siro pesa, palati al contempo finissimi e pesantissimi, non te la fanno passare liscia. Nemmeno una sconfitta interna col Liverpool alla prima in Champions 24/25, quella con la nuova formula. Perdere coi Reds, tra le più forti in NBA, ovvero in Premier, può succedere. Ma ieri sera il Meazza rossonero ha ruggito. Ha iniziato ad abbandonare lo stadio dal minuto 85. La curva ha protestato. Il popolo ha fischiato. Dissenso verso scelte del nuovo club e del nuovo organigramma, quello composto da Moncada e Furlani, ma le figure più attaccate sono quelle più pesanti, quelle di Cardinale e di Zlatan Ibrahimovic. Quella sorprendente necessità di scegliere una guida tecnica straniere, filo esterofilo, nemmeno altisonante. Perché la prima scelta, già contestata, era Lopetegui. Ecco perché dopo grandi tre passaggi a vuoto, prime tre deludenti di campionato, nemmeno chiaramente il poker al Venezia poteva bastare per spegnere qualsiasi tipo di malcontento. Squadra larga, tutt’altro che compatta, lunghe distanze, anche ieri sera con le terrificanti transizioni e ripartenze dei Reds pagate chiaramente a caro prezzo. Come se non bastasse doppio gol incassato su palla inattiva: s’attacca lo staff tecnico. La squadra, per di più, s’è letteralmente impaurita, dopo il doppio colpo subito entro l’intervallo, a spegnere la sorprendente partenza a razzo più urlo Pulisic. Immagini di Theo e Leao, lontano dal nucleo al Cooling Break dell’Olimpico, non hanno fatto altro che creare ulteriore rumore: come se Fonseca non avesse mai in mano i più forti. Ecco perché adesso già il derby può diventare decisivo: in caso di un’altra sconfitta e magari pesante, la pressione imporrebbe a club e dirigenza di palesare che mesi fa si prese decisione sbagliata. Pressione, atomica, su Paulo Fonseca.
Sport
18 Settembre 2024
Lezione Liverpool, crisi Milan: fatal Inter per Fonseca?