BOLOGNA – A conclusione di una complessa attività d’indagine, i finanzieri del comando provinciale della guardia di finanza di Bologna – unitamente al Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico) – con il supporto operativo dei Nuclei di polizia economico-finanziaria di Venezia, Brescia, Roma, Napoli e Catanzaro, la cooperazione di Eurojust e del Servizio per la Cooperazione internazionale di polizia (Unità Ican – “Interpol cooperation against ‘Ndrangheta), stanno eseguendo, nelle province di Bologna, Padova, Mantova, Latina, Napoli e Crotone, un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Gip del Tribunale felsineo – Domenico Truppa – con contestuali perquisizioni eseguite anche in Germania.
“Destinatari del provvedimento cautelare in carcere – si legge nella nota della guardia di finanza – sono un imprenditore di origine calabrese, da tempo residente a Bologna e una persona di origine campana ritenuta contigua a organizzazioni criminali di stampo camorristico. I due sono indiziati, a vario titolo, insieme ad altri 14 soggetti, di una molteplicità di condotte delittuose, alcune delle quali aggravate dal cosiddetto ‘metodo mafioso’, ovvero: riciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, usura, estorsioni, malversazione di erogazioni pubbliche, trasferimento fraudolento di valori, reati in materia di stupefacenti, inosservanza della normativa antiriciclaggio, sfruttamento della prostituzione e tentato sequestro di persona.
Le indagini – dirette da Flavio Lazzarini della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Bologna, con il coordinamento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo – hanno consentito di ricostruire come l’imprenditore calabrese, potendo beneficiare su un coacervo di intrecci relazionali, abbia ricevuto nel tempo ‘anomali finanziamenti’ da parte di soggetti pluripregiudicati ritenuti vicini a consorterie criminali di stampo camorristico e ‘ndranghetista. I ‘prestiti’ – a volte elargiti in contanti, altre mediante operazioni finanziarie tracciabili a fronte di artifizi negoziali – venivano poi reimpiegati nell’acquisizione di società, ovvero nell’acquisto di immobili e auto di lusso.
Come analiticamente documentato dagli investigatori del Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria Bologna, il denaro veniva poi ripulito e restituito anche grazie al coinvolgimento di imprenditori locali nell’emissione di fatture afferenti a operazioni inesistenti. É stata anche ricostruita la posizione patrimoniale dell’imprenditore calabrese, rivelatasi sproporzionata rispettoalle dichiarate fonti reddituali, procedendo, pertanto, al sequestro finalizzato alla confisca cosiddetta ‘allargata’ di quote sociali, compendi aziendali, immobili e altre utilità, per un valore complessivo di circa due milioni di euro. Tra i beni in sequestro anche alcune società gestrici di rinomati locali del centro storico di Bologna, attivi nella ristorazione e nell’intrattenimento.
Sono in corso inoltre molteplici perquisizioni tra Italia e Germania, con la cooperazione dell’unità I-Can (“Interpol cooperation against ‘Ndrangheta), il supporto tecnico-operativo dello Scico e l’ausilio di unità cinofile antidroga, in una cornice di sicurezza garantita anche da unità ‘Anti terrorismo – Pronto impiego’ (cosiddetti baschi verdi). Il contrasto alla criminalità economica e organizzata – come nel caso delle descritte indagini portate a conclusione dalla fiamme gialle di Bologna – consente di intercettare e reprimere ogni forma di inquinamento dell’economia legale per salvaguardare imprese e cittadini onesti”.