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    Cronaca
    23 Ottobre 2024
    Gino Cecchettin a Viterbo: “La mia vita è finita, ma dal male voglio far nascere il bene per aiutare le vittime di violenza di genere”

    Il padre della 22enne Giulia Cecchettin ha presentato il libro “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia” i cui proventi sosterranno la “Fondazione Giulia” in difesa e prevenzione dei reati di violenza sulle donne

    VITERBO  – L’immenso dolore, la forza per continuare a vivere e il bene verso il prossimo, nonostante tutto. Un insieme di forti emozioni ha accompagnato l’incontro con Gino Cecchettin, padre della giovane Giulia, barbaramente uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, arrivato in città nell’ambito del contenitore culturale I Pirati della Bellezza.Un appuntamento che è un pugno nello stomaco, ma anche il simbolo della speranza. Questo padre che “ha attraversato il dolore” racconta come ha trovato “la forza di andare oltre la rabbia”.”Dalla prima settimana della scomparsa di mia figlia avevo capito che era diventata “la Giulia d’Italia”, un simbolo pubblico, dall’affetto che mi circondava. Da lì ho capito che determinati sentimenti dovevo eliminarli da dento di me, ed è stata proprio lei ad aiutarmi. Ho preso una sua foto, una in cui era particolarmente sorridente e dal suo sguardo ho percepito che mi stesse indicando una strada, così ho continuato a guardarla ogni volta che sentivo malessere e ogni volta che la osservavo mi trasmetteva un desiderio d’amore. Come era mia figlia, sempre pronta a prodigarsi per gli altri. Con la convinzione che dal bene nasce il bene ho accantonato i sentimenti di negatività che fanno male solo a noi stessi e ho guardato oltre”.

    La sofferenza che rimane al di sopra di tutto.

    “Il dolore mi pervade quotidianamente e lo farà fino a che vivrò. Non mi potrò mai rassegnare alla sua morte e per rendere indelebili questi 22 anni passati insieme ho deciso di dedicarle un libro scritto con Marco Franzoso, “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia” i cui proventi andranno a sostenere la Fondazione Giulia (www.fondazionegiulia.org) che ho voluto istituire a sostegno delle vittime di violenza di genere”.

    L’associazione fondata da Gino si occuperà di formazione nelle scuole, grazie ad un comitato tecnico di esperti che stilerà il piano formativo sulla violenza di genere, porterà avanti progetti con associazioni che già operano sul tema e offrirà borse di studio a studenti meritevoli. Tutti possono contribuire alla sua crescita.

    “Chi volesse sostenere l’associazione può farlo, oltre che con una donazione economica, anche mettendo a disposizione la sua professionalità, cerchiamo anche figure per la formazione”.

    “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia” è un appello potente alle famiglie, alle scuole e alle istituzioni, raccontato attraverso la vita e il sacrificio della giovane.”Non potevo sapere” è la frase più ricorrente nelle 160 pagine del testo.

    “Chiedermi se c’erano state avvisaglie di ciò che sarebbe accaduto è la domanda che più mi fa male. Mi sono sentito colpevole di essere stato superficiale per troppo tempo, poi degli specialisti mi hanno rasserenato spiegandomi che sarebbe stato impossibile prevedere, perché neanche Giulia aveva capito la gravità della situazione.  Io le chiedevo sempre come andava e da tempo la sollecitavo a troncare anche l’amicizia con Filippo, perché lui non l’avrebbe mai considerata un’amica.  Poi mi rendevo conto che si conoscevano da anni: stesso gruppo, stessi amici, stessi luoghi e tra l’altro non era da lei chiudere repentinamente con le persone”.

    La fiducia totale nella figlia perfetta.

    “Lei era la figlia ideale: diligente, brava in casa e nello studio, espansiva e tranquilla.  Grandiosa nella sua semplicità. Ballava sempre, suonava la batteria e la chitarra con la sua naturale  predisposizione alle arti, amava animare anche gli oggetti. Se cadeva un fusillo lo raccoglieva e riportava nella scatola “insieme ai suoi amici”, dava i nomi perfino ai ragnetti che trovava in casa, figuriamoci quanto era forte la sua sensibilità per gli esseri umani. Proprio a lei una professoressa del liceo classico, la sua scuola, aveva chiesto di  aiutare una ragazza anoressica, con difficoltà di inserimento. Giulia ha rinunciato a delle ore di atletica per starle vicino e aiutarla in greco e latino, facendole raggiungere dei buoni risultati. Da quegli incontri è nata un’amicizia, anche io ho incontrato questa giovane con la madre. Ora ha un fidanzato e sta benissimo. proprio lei mi ha confidato che deve tutto a Giulia “non mi ha insegnato solo latino, mi ha insegnato che anche una sola amica ti cambia la vita. Grazie a lei sono andata avanti”. Quando una figlia è così perfetta hai completa fiducia, non vai a guardarle i messaggi sul telefono o a dubitare di qualcosa”.

    “Troppo spesso non diamo alle parole dei nostri figli il valore inestimabile che invece hanno” scrive nel libro spiegandone la motivazione.

    “Spesso viviamo come automi, dovremo invece dare più valore al tempo. Quando sai che tutto è perduto vai a cercare di ricordare ogni minimo momento. Dovremmo fare più caso alle cose belle, anche se banali, come un pranzo con i figli. Ora ogni volta che a casa siamo solo io e Davide, Elena è tornata a studiare all’estero, me lo godo a pieno. Non mi vergogno di ammettere che gli ho anche detto ti amo”.

    Diversi movimenti lo hanno interpellato per essere sostenuti nella battaglia sulla certezza della pena e sapere se la farà sua, ma Gino non ci sta.

    “Nulla mi potrà mai dare conforto fino all’ultimo giorno della mia vita. Ho perso tutto. La mia storia è già finita qui. Ora cercherò solo di far nascere qualcosa di buono da questo enorme tragedia.È chiaro che poi ci sono le leggi da rispettare, sottolinea. Io accetterò le decisioni che saranno prese senza nessuna battaglia, non mi interessa.Quello che voglio fare ora è lavorare sul “prima”, su quello che si può fare perché non accadano più drammi del genere. Proprio a Filippo vorrei chiedere cosa si è scatenato dentro di lui per arrivare a tanto. Utilizzarlo come caso di studio per aiutarci a capire e prevenire”.

    Le parole del libro.

    “Tu in questi giorni sei diventata un simbolo pubblico», scrive Gino Cecchettin alla figlia Giulia e a quanti vorranno ascoltare le sue sofferte parole di impegno, di consapevolezza e di coraggio. «Sei la mia Giulia e sarai per sempre la mia Giulia. Ma non sei più solo questo. Tu dopo quanto è successo sei anche la Giulia di tutti, quella che sta parlando a tutti. E io sento forte il dovere di manifestare al mondo che persona eri e, soprattutto, di cercare attraverso questo di fare in modo che altre persone si pongano le mie stesse domande».

    B.f.