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    29 Ottobre 2024
    Editoriale Pallone d’Oro, 2024 edizione storica: Rodri, il trionfo dell’evoluzione. Real, che caduta di stile..

    Un’edizione che ha fatto storia. Per quanto accaduto, per chi ha trionfato, ma soprattutto per chi ha perso. E chi ha perso ha fatto rumore. O meglio, ha voluto far rumore. Il Pallone d’Oro 2024, prima edizione assegnata ad ottobre e quindi all’inizio della stagione successiva per premiare più che l’anno a questo punto esplicitamente la stagione passata a dispetto di un passato recente e non in cui s’assegnava a cavallo tra dicembre o addirittura anno nuovo, da ieri sera ha ufficialmente il suo vincitore. E per la prima volta, ed ecco forse perché ha fatto storia, il favorito della vigilia, il più omaggiato e descritto da tutti come quello pronto a sollevare il più grande riconoscimento ed onorificenza individuale nella sfera del calcio europeo, non è stato eletto. Il sorpasso s’è materializzato nei giorni scorsi, l’elezione dei giornalisti di France Football ha decretato altro. Niente Vinicius, asso del Real e decisivo per la vittorie di Liga e soprattutto Champions: ha vinto Rodri, fulcro e perno, tattica e saggezza, poderosa e romantica completezza, sia del Manchester City di Guardiola che della Spagna campione d’Europa. Tra gol decisivo all’Inter l’anno prima, quello del Triplete, e timbro decisivo per vincere l’ennesima Prem all’interno della britannica egemonia guardiolana. Una decisione che ha fatto scalpore, che ha restituito qualcosa alla grandezza del calcio spagnolo in termini individuali, in quanto prima Furia Rossa a vincere un Pallone d’Oro a dispetto di quei colossi del passato che, più che Casillas o Sergio Ramos, i due artisti Xavi e Iniesta avrebbero strameritato, quantomeno nel 2010. Hanno pagato l’era di Messi e Cristiano, adesso vince uno di loro. Che con umiltà lo dedica al suo movimento, al suo paese, alla sua nazione, ai suoi idoli. In un certo senso, restituisce ulteriore prestigio, come se ce ne fosse bisogno. Ha vinto l’astuzia, la tattica, la completezza. Ha vinto lo schermo elegante, il perno, il presente, il futuro e l’evoluzione di Busquets. Ha perso invece il Real. E questo fa notizia. Premessa: Vini è stato forse l’artista più luccicante di una squadra di fenomeni e batteristi tutti straordinari, a cui da qualche mese s’è aggiunto pure Mbappé per la contemporanea riedizione dei Galacticos. Ma forse, senza di loro, l’asso verdeoro non sarebbe stato in grado di vincere tutto da solo. Rodri invece è stato perno fondamentale d’ogni successo, tra club e Nazionale: senza di lui, conditio sine qua non d’ogni sviluppo offensivo, equilibratore totale, sarebbe stato più complicato. Sebbene all’interno dello stesso Man City, in quasi un decennio di Guardiola, nell’opinione di chi scrive e considerando i successi dei primi anni e quelli centrali dell’era Pep il più decisivo sia stato Kevin De Bruyne, istituzione planetaria che spesso e volentieri ha pagato Belgio e CR7/Messi, in chiave Golden Ball. Ma a volte, e qui chiudiamo col nocciolo mediaticamente più incessante delle ultime ore, devi saper perdere. Soprattutto se sei il club più prestigioso al mondo. Specialmente se ti chiami Real Madrid. Perchè una volta partito il tam/tam mediatico ieri mattina, una volta appreso che non sarebbe stato un madridista a vincere il trofeo, quantomeno stavolta, Florentino Perez ha scelto di chiudere ogni rotta aerea direzione Parigi, bloccando Vinicius (secondo classifica), Jude Bellingham e addirittura l’allenatore dell’anno, Carlo Ancelotti. Il Real Madrid ha voltato le spalle a Francia e France Football, disertando la premiazione. Mossa forte, fortissima, ma ben poco elegante. Decisamente di cattivo gusto. Una vera e propria caduta di stile. A vincere non hanno paragoni, ma anche se ti chiami Real Madrid CF.. devi saper perdere. Devi onorare chi t’ha reso tale: lo sport.