VITERBO – Nella Tuscia ci sono sempre meno imprese e le poche che aprono sono aperte da imprenditori stranieri: a confermarlo è l’ultimo studio presentato da CGIA Mestre. Negli ultimi 10 anni, come sottolinea la ricerca, le imprese attive guidate da titolari nati all’estero sono aumentata del 29,5% in Italia mentre quelle guidate da italiani sono diminuite del 4,7%.
Una questione molto articolata e che, purtroppo, presenta molte ombre. Come si evince dallo studio, infatti: “Non sarebbero trascurabili le attività economiche a guida straniera avviate per ‘coprire’ operazioni di evasione e commercializzazione su larga scala di merce contraffatta. Creando non pochi problemi anche di concorrenza sleale nei confronti delle imprese italiane dello stesso settore. Fenomeni, questi ultimi, che le forze dell’ordine devono continuare a monitorare con maggiore attenzione”.
La Tuscia, come preannunciato, non fa eccezione riguardo questi numeri. Dal 2013 al 2023, infatti, nel Viterbese sono 760 le nuove imprese aperte da stranieri. Una battaglia impari con gli italiani che invece hanno un saldo negativo: -2.521 imprese.
Nella classifica nazionale, che evidenzia le percentuali legate alla nazionalità degli imprenditori stranieri, Romania e Cina restano saldamente in prima posizione. Tuttavia, come è possibile riscontrare anche nella Tuscia, l’apertura sempre più frequente di barber shop e piccoli minimarket da parte di persone originare del Bangladesh e dal Pakistan conferma come queste due particolari realtà stiano velocemente crescendo: imprese del Bangladesh +45,1% rispetto al 2013 e imprese del Pakistan +107%.
Tra le spiegazioni di questo fenomeno di “sostituzione”, che vede la costante diminuzione di partite iva italiane rispetto all’incremento di quelle straniere, la ricerca spiega che uno dei fattori potrebbe essere dato dalla ricerca di “stabilità” da parte dei cittadini italiani, che preferiscono puntare a un contratto di assunzione anziché tuffarsi nel mondo dell’imprenditoria.