logo
    Sport
    15 Novembre 2024
    Terzo regno Ranieri, rilancio e futuro: uomo Friedkin, Sir Claudio già Direttore

    Più determinato di come l’avevamo lasciato. 73 primavere, sì, ma da navigato condottiero per ogni mare in tempesta come qualcuno che ne ha affrontate di tutti i colori e trasuda esperienza e soprattutto romanismo sotto ogni sfumatura, scruta intensamente l’orizzonte e sa dove vuole arrivare. In pochi giorni gli è cambiato il futuro di una carriera nel calcio eterna, infinita. Ed il calcio aveva francamente bisogno di lui. A Trigoria è iniziato il terzo regno Claudio Ranieri e forse, questo, sarà il più lungo, determinante e duraturo. Ha iniziato da calciatore, finirà da dirigente. Ed è lì che vuole arrivare. Vuol riportare la Roma in alto, prima da allenatore fino a fine stagione, poi da voce grossa dentro Trigoria. Quello l’obiettivo. Non solo presente, già proiettato nel futuro. Oggi a Roma non si parla d’altro, tanto per cambiare. Non troppo del secondo allenamento, piuttosto della conferenza di presentazione. Presentazione di un terzo regno completamente differente dagli altri due. Un pensiero, quantomeno ancora da tecnico, nel segno di rispetto per Cagliari, che ha tenuto a sottolineare:“Volevo specificare che avevo smesso di allenare, pensavo ormai soltanto di veder il calcio da lontano, altrove. Ho sempre detto che sarei tornato solo se una tra Roma e Cagliari avesse bisogno di me. Solo in questi due casi. A Cagliari ho iniziato la carriera d’allenatore, pensavo d’aver chiuso così, quel tipo di carriera. Invece chiuderò da dirigente proprio dove ho iniziato da calciatore, a Roma. Evidentemente il fato così ha voluto, ha voluto che chiudessi a casa”. E poi, quindi, la parte più succulenta. Perché lui. E perché lui ha scelto e accettato i Friedkin stessi. Sa bene che le sue parole a Roma pesino, la gente si fida di lui. E ha spiegato, manifestando garanzie. Spiegando lati di questa proprietà ancora rimasti poco luminosi, ma che faranno piacere ai sostenitori. Così come soprattutto spiega il suo ruolo. Ed è lì che parla già il dirigente, proiettato nel futuro. La Roma che verrà negli anni passerà anche e soprattutto dalla sua esperienza. Spinto e motivato, parla già da dirigente:“A Trigoria ci sono io. Meno facce vedo meglio è. Solo fatti. Solo in Italia abbiamo bisogno della figura del Presidente. All’estero occorre solo a fine mese. Come in Inghilterra, dove sono stato benissimo. Siamo abituati qui a vedere ed immaginare le società in maniera piramidale, invece nella famiglia Friedkin funzionano orizzontale: si decide tutti insieme, come un famiglia, col beneplacito di tutti quanti, lavoreremo per riportare la Roma dove merita. Io voglio portare la Roma ad alti livelli, per questo ho chiamato lei. Sono l’uomo dei Friedkin. Si poteva pensare qualsiasi cosa invece ho parlato col Presidente e ho visto una persona spinta, motivata, che vuole bene alla Roma e che ambisce a Roma Caput Mundi a star al top, era il primo dispiaciuto nonostante avesse speso così tanto che le cose non stessero andando come dovrebbero. Gli ho subito chiesto per quale motivo non lo esprimesse, si farebbe amare da questa piazza, mi ha risposto tempo al tempo. Il presidente vuole una società seria, di gente che lavora. Stanno facendo cose belle, la squadra è la cosa più importante ed è il biglietto da visita. Vuole che Roma sia conosciuta bene anche dal punto di vista calcistico. Dopo questo tipo di conversazione non potevo che accettare. Adesso ha affidato a me, cercheremo di sbagliare il meno possibile. Oggi e in futuro”. La realtà e la quotidianità riportano però ad un’attualità che narra la Roma dietro, in palese difficoltà in quest’annata complicatissima. Quella da affrontare da tecnico:  “Non è questione di moduli, di giocatori che hanno voglia di sputare sangue sul campo, di non mollare mai. Anche se le cose vanno male voglio che non mollino di un giocatore. Non c’è tempo di sbagliare, non ho tempo di fare errori, per questo voglio un gruppo coeso, dai calciatori ai magazzinieri questo è il primo discorso che ieri ho fatto a tutti i miei collaboratori qui a Trigoria. Ai tifosi dico di starci vicino, proprio per questi motivi. Sono uno di loro. Qui c’è gente che si fa delle trasferte incredibili. C’è gente che fa dei sacrifici enormi e quando andiamo in campo dobbiamo sentire questo”. Quindi temi sempre spinosi, giornalistici, mediatici. Temi dominanti, che sapeva bene che avrebbe dovuto affrontare: “Totti? Io non sono chiuso a niente. Adesso la cosa principale è riportare la squadra in alto, poi magari si parlerà con Francesco. Perché no? Se ci può dare una mano, io non sono chiuso. De Rossi? Ci siamo sentiti e ci sentiremo in questi giorni. Oltre a essere stato mio giocatore è una grande persona, per cui sicuramente ci parlerò. Dybala? È la prima cosa che ho chiesto al presidente. Gli ho detto che io faccio come mi pare, che non voglio sapere se ha clausole o no. Dybala sta bene fa la differenza, magari potesse giocare sempre ma non potrà. Ma ancora devo parlare con lui. Hummels? “Mi sono visto un po’ di partite. Ma perché non deve giocare sto ragazzo? Vediamo, pure lui ha una certa età. Io scelgo chi mi fa vincere, l’allenatore bravo è chi sbaglia di meno”.