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    Salute
    26 Novembre 2024
    Calabresi (Gemelli): “Nel Parkinson importante approccio olistico”

    (Adnkronos) – “L’approccio al paziente con malattia di Parkinson deve essere olistico. Non c’è solo la pillola: intorno a questa pillola ci deve essere qualcuno che integra, che facilita l’interazione del paziente con l’ambiente circostante, occupandolo in terapie che” non sono solo “semplicemente stare insieme e non essere da soli”. Così Paolo Calabresi, ordinario di Neurologia, Università Cattolica e direttore della Uoc Neurologia al Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs, Roma, spiega all’Adnkronos Salute, il contenuto della nuova campagna istituzionale della Confederazione Parkinson Italia, lanciata per la Giornata nazionale del 30 novembre, con il supporto non condizionante di Zambon. “È importante – continua – informare i pazienti e i caregiver di quanto sia” fondamentale “l’attività fisica, soprattutto nelle fasi iniziali di malattia di Parkinson. Ad esempio, le camminate aerobiche, 3 volte a settimana di 30-45 minuti, hanno un ruolo fondamentale, addirittura paragonabile all’effetto terapeutico dei farmaci che somministriamo quotidianamente”.

    Un aspetto fondamentale “è curare l’interazione sociale – aggiunge Calabresi – L’isolamento e la depressione hanno un ruolo negativo e quindi è importante l’attività in famiglia ma anche la vita associativa che permette a questi pazienti di stare insieme: la danza, l’attività teatrale, alcune forme di sport, ascoltare la musica e dipingere hanno un impatto notevolmente importante per la qualità di vita”.

    Il Parkinson “è una malattia multiforme dove dominano i sintomi motori come il tremore, la rigidità, la lentezza nei movimenti, ma questi disturbi si associano anche dei disturbi non motori – chiarisce il neurologo – Qualcuno dice addirittura che ci sono 40 segni e sintomi alla base della malattia: disturbi di tipo dell’umore, maggiore tendenza alla deflessione, alla depressione del tono dell’umore. Ci sono anche disturbi di tipo gastrointestinali e neurovegetativi, come alterazioni nella regolazione della pressione. In realtà è tutto un corteo di manifestazioni motorie e non motorie che hanno un effetto importante sulla qualità di vita di questi pazienti. Alcune di queste manifestazioni – precisa – come il disturbo del sonno Rem o dell’olfatto possono presentarsi anche prima della stessa malattia motoria”.

    Il Parkinson “è in rapida crescita: negli ultimi 20 anni c’è stata una crescita esponenziale con una prevalenza che addirittura si stima essere raddoppiata negli ultimi 20-25 anni – sottolinea Calabresi – Si calcola che in Italia ci siano 300mila pazienti colpiti da questa malattia neurologica multiforme che è correlata con l’età – l’esordio in genere è sopra i 50 anni – ma c’è un 10% dei pazienti che ha un esordio giovanile: in genere queste sono forme genetiche. In particolare, si stima che l’indicatore della gravità globale di malattia” (Daly, Disability-Adjusted Life Years) “sia cresciuto dell’81% in soli 20 anni: questo di riferisce alle limitazioni del paziente nella vita quotidiana, nell’interazione con l’ambiente, con i familiari e il lavoro. Anche per questo è una malattia dove tanti operatori, non solo neurologi, ma anche psicologi, esperti in terapie occupazionali e, ovviamente, la famiglia, devono giocare un ruolo importante”.

    Tornando sui fattori non farmacologici, il professore precisa che “ci sono dati scientifici che dimostrano” l’effetto protettivo “dell’attività fisica sulle cellule dopaminergiche” e come la solitudine aumenti “il rischio di ammalarsi di malattia di Parkinson”. D’altro canto però, “c’è uno studio della New York University, dove la risonanza magnetica funzionale evidenzia come il cervello di questi pazienti, dopo un’attività artistica guidata da artisti professionisti, porti a un’evoluzione cognitiva nel percepire il mondo esterno. Il bello – conclude Calabresi – cura anche le malattie neurodegenerative”.