(Adnkronos) – L’Italia alza il livello di attenzione sulla malattia di origine sconosciuta che ha portato a oltre 70 decessi nella Repubblica democratica del Congo. Le Usmaf – gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del ministero della Salute, che si occupano del controllo sanitario su passeggeri e merci – a quanto apprende l’Adnkronos Salute, sono state allertate anche se non esistono voli diretti.
Non c’è nessun allarme per l’Italia, ma le Usmaf – come accade in tempi di globalizzazione e di mobilità internazionale – hanno ricevuto la comunicazione su quanto sta accadendo in Congo e sugli eventuali sviluppi da parte delle autorità sanitarie internazionali.
La malattia di cui non si conosce l’origine che circola attualmente in Congo “preoccupa, ovviamente. E’ un altro campanello d’allarme, un monito perché si faccia il necessario per essere sempre in grado di affrontare eventuali emergenze, lavorando d’anticipo per essere pronti”. Lo ribadisce all’Adnkronos Salute Walter Ricciardi, docente di Igiene all’università Cattolica.
“Credo che ci siano diverse fonti di preoccupazione sul fronte epidemiologico internazionale – continua Ricciardi – poiché il contesto generale è caratterizzato da un’emergenza continua di virus e da una grande mobilità. Rispetto al passato, quando i virus non si muovevano troppo dal loro luogo di origine, perché i mezzi di trasporto erano molto lenti, oggi passano rapidamente da una parte all’altra del mondo, basta meno di un giorno. Tutto questo servirebbe a farci rafforzare le iniziative che abbiamo imparato a conoscere durante la pandemia, cioè una collaborazione a livello globale tra scienziati e tra Governi per cercare innanzitutto di sorvegliare, monitorare ed essere immediatamente pronti nel caso di un’emergenza. Non lo sappiamo cosa accadrà, difficile prevederlo ora. L’unica cosa che possiamo fare è non farci trovare impreparati, non solo per questo allarme, ma per tutti quelli che ci saranno”. In Paesi come il Congo, evidenzia Ricciardi, “c’è una continua commistione tra uomini e animali, una promiscuità che favorisce il salto di specie. I virus sono continuamente presenti negli animali, il problema si pone quando c’è il salto di specie, quando c’è lo spillover. In molte aree di Asia e Africa – dove si vive con gli animali che si allevano, si mangiano quelli selvatici e c’è frequente contatto – il salto di specie è molto più frequente rispetto alle nostre latitudini, dove invece gli animali li vediamo da lontano”.
“Sono 5 anni che teniamo la barra dritta e che cerchiamo disperatamente di tenere l’equilibrio necessario. Attenzione, mai sottovalutazione, ma mai allarme. Soprattutto quando ingiustificato o per lo meno prematuro. Ribadiamo, come diciamo da tempo: quello che accade in un mondo globalizzato e nel quale c’è grande mobilità, ci interessa, eccome”. Scrive su Facebook il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia.
“Dobbiamo sempre guardare oltre il nostro cortile, come sempre abbiamo fatto – aggiunge – Come ministero, così come già comunicato dal nostro ufficio stampa e dal dipartimento, abbiamo immediatamente attivato le procedure di innalzamento della nostra attenzione in porti ed aeroporti attraverso gli Usmaf, come fatto con successo con la Dengue e come ancora, a suo tempo, come Spallanzani con la pratica ‘biglietto-tampone’. Quindi aeroporti e porti sicuri – conclude l’ex direttore dell’Inmi Spallanzani – Continueremo in questa direzione, ma ai cittadini ripetiamo, anche perché non ci sono voli diretti con il Congo: nessun allarme”.
Si lancia intanto in un’ipotesi sulla malattia, l’infettivologo Matteo Bassetti. “Il Congo è un’area del mondo dove ci tanti problemi e il sistema sanitario non funziona bene. Tra le ipotesi su questa malattia misteriosa che ha come sintomi febbre, mal di gola, tosse e anemia potrebbe esserci una febbre emorragica virale come la febbre emorragica Crimea-Congo o l’Ebola. Già note, ma magari sostenute da un nuovo virus che speriamo sia presto identificato. Il rischio per il resto del mondo è bassissimo, i collegamenti tra il Congo e gli altri Paesi non sono certo al livello di quelli della Cina. L’anemia – spiega ancora Bassetti – è la mancanza di emoglobina nel sangue, quindi di ossigeno necessario ai tessuti”.
“Conseguenze per noi? Probabilmente nessuna, ma in un mondo globalizzato mai dire mai”. Lo scrive su Facebook Giovanni Rezza, ex direttore della Prevenzione del ministero della Salute, e oggi professore straordinario di Igiene presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano rispetto ai decessi in Congo dovuti ad una malattia simil-influenzale. “La diagnosi non è ancora nota – in questo periodo dal clima secco si presentano spesso epidemie dovute al meningococco, ma chissà. È comunque impressionante come possa valere poco, ancor oggi, la vita in alcune aree dell’Africa”.
Si intensificano intanto le indagini per dare un nome alla ‘malattia X’ che sta provocando i morti in Congo. A fare il punto è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in una nota ufficiale. L’agenzia Onu per la salute spiega che sta “inviando esperti per supportare le autorità sanitarie nella Repubblica democratica del Congo nello svolgimento di ulteriori approfondimenti per determinare la causa della malattia. Sono in corso test di laboratorio per determinare la causa”, informa.
Gli esperti Oms si stanno unendo al National Rapid Response Team e sono in viaggio verso Panzi. Il team è composto da epidemiologi, clinici, tecnici di laboratorio ed esperti di prevenzione e controllo delle infezioni e comunicazione del rischio. Un team locale dell’agenzia ha supportato le autorità sanitarie a Kwango dalla fine di novembre per rafforzare la sorveglianza delle malattie e identificare i casi. Ora sono in arrivo altri esperti.
“La nostra priorità è fornire un supporto efficace alle famiglie e alle comunità colpite. Sono in corso tutti gli sforzi per identificare la causa della malattia, comprenderne le modalità di trasmissione e garantire una risposta appropriata il più rapidamente possibile”, sottolinea Matshidiso Moeti, direttore regionale dell’Oms per l’Africa.