
(Adnkronos) – Con un decreto cautelare, il presidente del Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio, Pietro Morabito, ha imposto la sospensione dei lavori di bonifica dagli ordigni bellici nel cantiere, destinato alla costruzione del Museo Nazionale della Shoah a Roma, in via Alessandro Torlonia. La decisione, che Adnkronos ha potuto leggere, arriva in seguito a un’istanza presentata dalla proprietaria di due immobili nel palazzo accanto a dove dovrebbe sorgere il museo, che ha contestato l’avvio delle attività perché c’è “l’altissima probabilità” di smottamenti del terreno in tutta la zona circostante.
Il decreto, pubblicato oggi 14 marzo, ordina la sospensione fino al 19 marzo dei lavori previsti, accogliendo la richiesta di chiarimenti sulla presenza di cavità sotterranee che potrebbero rendere instabili le operazioni. Secondo una nota della società Sac S.p.a., incaricata dell’esecuzione dei lavori, il terreno presenta un complesso sistema di cavità che potrebbe causare smottamenti, aumentando i rischi per l’area e i palazzi circostanti. Il Tar ha, quindi, richiesto alla Direzione Programmi Urbani Integrati del Dipartimento Infrastrutture e Lavori Pubblici di Roma Capitale di fornire entro il 19 marzo una relazione dettagliata sulla situazione.
La sospensione si inserisce in un contesto già segnato da polemiche e ostacoli burocratici. Nelle ultime due settimane, il progetto del Museo della Shoah, nato oltre 20 anni fa ma sbloccato solo nel 2024, è stato oggetto di contestazioni da parte di residenti e associazioni locali, che hanno sollevato dubbi sulla compatibilità dell’intervento con la stabilità dell’area, e per i rischi alla sicurezza: come documentato dall’Adnkronos, il sito è oggetto da settimane di vandalismi, azioni dimostrative e gesti d’odio. Scritte come “Assassini infami”, escrementi, addirittura una testa di maiale a profanare il sito. I residenti, in un esposto alla procura e al ministero dell’Interno, hanno raccontato che l’asilo ebraico che si trovava sulla strada è stato costretto a cambiare sede per timore di azioni violente. Per questo, chiedono che il museo si costruisca in un’area più isolata e più facilmente controllabile dalle forze dell’ordine.
“Sulla parte costruttiva, a carico del Comune di Roma, noi non abbiamo alcun punto di intervento” commenta parlando con l’Adnkronos Mario Venezia, presidente della fondazione Museo della Shoah. “La fondazione è destinataria di una legge del bilancio statale, che prevede l’erogazione di 10 milioni di euro per la realizzazione del museo, che non è la costruzione, ma tutto quello che è un allestimento dell’edificio, sul quale ci sarà la necessità di un coordinamento di tutti i soggetti coinvolti per individuare le migliori forme di comunicazione”.
“Da parte nostra continuiamo ad andare avanti con il lavoro – sottolinea -. L’anno scorso alla Casina dei Vallati abbiamo avuto 65mila visitatori, quest’anno abbiamo inaugurato la mostra, domenica si presenta l’anteprima del docufilm su Priebke che abbiamo coprodotto e verrà presentato al Maxxi. Le attività di tipo didattico-scientifico, quindi, proseguono comunque come è sempre stato. Ovviamente l’aspetto di una sede più ampia è interessante, ma quello che è successo per il museo della Shoah è una cosa che per quanto riguarda Roma è successa. E’ chiaro che lì si va a toccare un tessuto urbano già consolidato. Per lo stadio della Lazio, tanto per fare un esempio, c’è già il ricorso che ha presentato l’associazione sportiva ‘Roma Nuoto’. Fa parte della tradizione delle grandi opere di Roma che comunque, specialmente quando sono in zone molto urbanizzate, comportano degli intoppi”.
La decisione del Tar arriva dopo i numerosi messaggi di odio, le minacce e le scritte all’esterno del cantiere contro Israele, denunciati dai residenti spaventati dal ‘clima di pericolo’ che si respira in zona dall’inizio dei lavori. “Non mi piace la caccia alle streghe. Vediamo le cose con un po’ di serenità, senza vittimismo – dice Venezia -. Se a Roma non si riesce a fare lo stadio della Roma, con tutti i capitali disponibili, è chiaro che ci sono vincoli e momenti in cui si intrecciano interessi contrapposti. Questo non vuol dire che la cosa non dispiaccia, ma non ci vedo un risvolto antisemita, assolutamente”.
Dopo esposti e denunce per la questione sicurezza, ora tocca al versante amministrativo: il Tar è intervenuto perché la variante del progetto richiesta dalla ditta appaltatrice per rispondere ai rischi di stabilità del terreno, che potrebbero coinvolgere gli edifici vicini, non è ancora stata approvata. Nonostante questo, scrivono gli avvocati Rosa Sciatta e Gianmarco Poli nel ricorso, il Comune ha disposto la bonifica da possibili ordigni bellici per il 17 marzo, con richiesta ai condomini dei palazzi confinanti di non parcheggiare le auto a ridosso del muro di confine. Un’operazione rischiosa e non solo a livello teorico: negli anni scorsi nell’area di Villa Torlonia sono stati trovati due diverse granate inesplose.
Ora il Comune ha meno di una settimana per depositare una relazione tecnica. Se emergeranno elementi che confermano i rischi segnalati, il tribunale potrebbe prolungare la sospensione e richiedere una revisione del progetto. Al contrario, se le verifiche confermeranno l’assenza di pericoli immediati, i lavori potrebbero riprendere regolarmente. Il futuro del Museo della Shoah rimane ancora incerto.