
Verdetti in Inghilterra. La Premier riabbraccia due realtà. Una è tra le più storiche, di sempre. Tra le massime istituzioni del calcio britannico. Fine stagione, città in festa, fiumi di birra: delirio a Leeds, il “Maledetto United” torna in Premier dopo due anni di purgatorio. Torna la realtà che aveva stupefatto tutti col loco Bielsa, stavolta grazie al progetto Farke, signor tecnico, specialista di promozioni come mostrò a Norwich. Lo scorso anno soltanto sfiorata, chiusa tra mille lacrime come quello di Rutter e figlio Gray, adesso non poteva più scappar via: eccola la promozione con due giornate d’anticipo, grande festa ad Elland Road, sei a zero allo Stoke, fiocca la matematica a 180 minuti dalla fine di una delle Championship più belle di sempre dove tutti potevano sognare e giocarsi qualsiasi posto dalla vetta alle zone più tumultuose. Fiocca la matematica in virtù del successo dello scontro diretto tra Burnley e Sheffield, che spegne speranze Blades di una corsa lunga un’annata intera: 2-1, decisiva doppietta di Brownhill, storico elemento Lancashire, leader sin dai tempi di Dyche. Seconda promozione e rilancio in carriera per Scott Parker, dopo quella di Bournemouth; per le lame, invece, ogni speranza passerà da Wembley e dai playoff. Saluta la Premier matematicamente pure il Leicester: seconda retrocessione consecutiva per Vardy, che chiederà scusa a tutta la tifoseria. Fallimentare la scelta di sfiduciar Cooper per affidare la stagione a Ruud Van Nisterlooy: penultimo posto e cadetteria con cinque giornate d’anticipo. S’aspetta solo prossima settimana invece per decretar pur quella del coraggioso Ipswich di McKenna. Ancora una volta, per il secondo anno consecutivo, retrocedono le tre neopromosse l’estate precedente: segno tangibile di quanto e come, anche e forse soprattutto per capacità di investimento, sia sempre più complicato far breccia tra le 17 regine della Premier contemporanea.